Il drago Tarantasio

"Una creatura serpentiforme, la testa enorme con grandi corna e coda e zampe palmate, sputava fuoco dalla bocca e fumo dal naso..come un drago, nuotava nelle acque del Gerondo, si nutriva soprattutto di carne di bambini e di uomini e appena vedeva una barca vi si gettava contro fracassandola. Il suo stesso fiato provocava pestilenze e faceva morire le donne di febbri".

Così descriveva il Tarantasio, il monaco Sabbio nel 1.110 d.C.

Leggenda

Secondo le leggende popolari, il lago Gerundo sarebbe stato abitato da un dragone chiamato Tarànto, Tarando o più comunemente conosciuto come Tarantasio, che terrorizzava gli abitanti del lago. Si riteneva che si nutrisse di carne umana soprattutto di bambini, che fracassasse le barche e che con il suo fiato pestilenziale ammorbasse l'aria provocando una strana malattia denominata febbre gialla. Sono sorte poi numerose leggende riguardo al drago, le quali sono tutte accomunate dalla concomitanza tra l'uccisione di Tarànto e il prosciugamento del lago. Alcune fonti popolari attribuiscono il prosciugamento e la bonifica del lago a San Cristoforo, che avrebbe sconfitto il drago, o a Federico Barbarossa. La più suggestiva riguarda l'uccisione del drago da parte del capostipite dei Visconti, il quale avrebbe poi adottato come simbolo la creatura sconfitta, ovvero il biscione con il bambino in bocca.

Il monaco Sabbio nel 1110 ci da una descrizione del mostro, nelle sue memorie manoscritte della città di Lodi, La descrizione è quella classica di un drago serpentiforme, con la testa enorme e grandi corna, con coda e zampe palmate, che sputava fuoco dalla bocca e dal naso, dall’alito fetido che provocava strane malattie.

Filiberto Villani  - Poeta lodigiano (m. 1709), autore del poema, Federigo ovvero Lodi riedificata (composto verso il 1650, ma edito solo nel 1828),  ci lascia una terrificante descrizione del mostro Tarantasio, che sguazzava nelle acque infide del Lago Gerundo: "Ove col fiato o con la spoglia tocca/Secca piante, erbe aduggia il serpe infame/Ne la vorace e cavernosa bocca/Regna di larga strage ingorda fame/Triplice lingua infra gran denti scocca/Di sangue uman con sitibonde brame/E qual re de' portenti, in su la testa/Ha fra due lunghe corna aurata cresta".

 

Lo scultore Luigi Broggini dalla leggenda del drago del Lago Gerundio prese l'ispirazione per ideare l'immagine del cane a sei zampe, marchio simbolo dell'Eni.

 

 

 ESCAPE='HTML'

San Pietro al Monte - Civate (LC)