La selva Parasia (o Paradia)

Immaginate un bosco fitto di querce e di pini selvatici e resinosi che partendo dall'antica città di Parasso (l'attuale Palazzo Pignano), passando per la frazione di Scanabò, raggiunge i confini del territorio di Trescore, per poi risalire costeggiando Torlino fino alla fortezza di Azzano e da lì andando per Agnadello ed i luoghi della famosa battaglia, riscende verso la città di Palazzo ai limiti dell'abitato di Pandino...

Immaginate questo bosco selvaggio su un'area di circa 13 kmq., ricco di selvaggina, di uccelli e di lupi, ideale nascondiglio per briganti assalitori di viandanti che da Milano si recavano a Crema per poi proseguire per Cremona e Mantova....

Ebbene state immaginando la selva Parasia.

L'antica selva si estendeva, al dire degli storici cremaschi, da sud-est di Palazzo Pignano e si allargava fitta verso l’altipiano di Agnadello e verso Torlino e Azzano.

Nell’opera “Terre nostre” il Mons .Zavaglio attribuisce l'origine del nome di Trescore ad una delle tre corti o nuclei abitativi che si chiamava Tedolto “dal latino teda, toeda pino selvatico” e “che indicava il luogo dove, sino alla seconda metà del secolo scorso (si parla dell'ottocento) si innalzavano alti pini” residui de “ la selva Paradia o Parasia che si estendeva sin vicino a Palazzo Pignano”.

La selva è più volte citata in un documento da Enrico VI (1192) e il nome di Parasia o Paradia appare in un documento del 1186. Ancora oggi l'area e ben osservabile andando verso Scannabue da oriente o risalendo il canale Vacchelli o Marzano.

La tradizione vuole che gli antichi abitanti della selva, gli Orobii, come in generale tutte le popolazioni celtiche, avendo in grande venerazione l'albero della quercia celebravano i loro riti e le pratiche religiose nell’intrigo dell'antica boscaglia.

Che vi fossero dei lupi e che questi furono perseguitati per le ricompense è indubbio. Diversi documenti attestano che dal 1451 al 1466 ne furono consegnati, sulla piazza di Crema, una cinquantina.

Illustri personaggi ne scrivono della presenza della selva come il Salomoni, a conclusione dei vari libri del suo “Sommario” che annota il numero dei lupi cacciati (Libro IX anni 1481 – 1489, 18 lupi; Libro X anni 1489 – 1497, 8 lupi, eccetera eccetera).

O come il Terni (1476 – 1557), ma anche il Fino (m. 1584) ed il Canobio (1600 c.a – 1672) che riferiscono dell’ampiezza dei boschi cremaschi nelle loro opere.

Un documento del 26 dicembre 1595 “Parte Presa” descrive che gran parte del suolo a nord di Crema era ancora occupato dal bosco Selva Parasia che garantiva riserve naturali di ossigeno, legname per i piu svariati usi, animali allo stato brado e uccelli (la caccia, sollazzo per i nobili, e necessita per i popolani), ma anche di lupi, che, consegnati vivi o morti, fruttavano al conferente una buona ricompensa.

Inoltre esistono molte e frequenti delibere del Consiglio Generale di Crema relative alla conservazione e alla fruizione, nonché alle potature dei boschi.

Una delle principali motivazioni della scomparsa della selva è dovuta sicuramente alla produzione intensiva della seta. Nelle campagne si allevavano i bachi da seta, nutriti con foglie di gelso raccolte dai filari di moroni, alberi che andavano man mano a sostituire quelli autoctoni del bosco.

Ma anche la necessità di avere più terreno per i coltivi o aradori . Le colture del miglio, il cereale di più largo consumo, del frumento, del mais, del riso (si ha notizia che già nel 1478, era coltivato nel Milanese) ebbero in questo periodo uno sviluppo intensivo. Il lino coltivato e assai apprezzato per quantità e qualità, fruttava semi che erano utilizzati per ottenere semente, olio alimentare, farina medicamentosa, pannelli per il bestiame e fibre, che davano refe pregiato e tessuti assai ricercati per finezza e resistenza.

La sempre maggiore superficie riservata a prato per fornire erba e fieno (con due tagli: maggengo e agostano, e poi pascolo) ai cavalli, muli, asini e bovini. L’inverno poi l'area, era sfruttata da pastori e malghesi, che scendevano dagli alpeggi. Inoltre in questo periodo si costruiscono nuove cascine per l'allevamento di maiali, polli e conigli con notevole contributo all’economia del Cremasco.

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