Pandino

 

A cura della Pro loco di Pandino

 

Pandino (Pandì in dialetto cremasco) è un comune di 8.984 abitanti (01/01/2015 - Istat) della provincia di Cremona in Lombardia.

Etimologia
Documentato con il nome di Pandium, deriva dal nome di persona Pandino che sarebbe il diminutivo di Bando di origine germanica.

Dati geografici

Superficie: 22,30 km²  -  Densità: 402,95 ab./km²
Altitudine: 85 m s.l.m. (min 80 - max 93)
Coordinate Decimali: Latitudine: 45.4054 - Longitudine: 9.55302
Coordinate Sessagesimali: Latitudine: 45° 24' 19'' Nord - Longitudine: 9° 33' 11'' Est
Nome abitanti: pandinesi
Residenti nel capoluogo: 7.250 abitanti circa
Regione Agraria: n. 1 - Pianura cremasca
Codice Istat: 019067 - Codice catastale: G306
Prefisso: (+39) 0373 -  CAP: (I) 26025  
Santo Patrono: Santa Margherita si festeggia la terza domenica di ottobre
Diocesi di Cremona
Parrocchia: S. Margherita Vergine e Martire Piazza Vittorio Veneto, 5 Pandino

Il comune è gemellato con Saint Denis en Val (Francia)

Il territorio comunale comprende, oltre il capoluogo. le frazioni di Gradella, Nosadello e le località di Fornasette Sotto e Zecca

Cenni storici

A partire dall'età medievale, il centro abitato apparteneva al territorio della Gera d'Adda, possedimento milanese. Le località di Gradella e Nosadello, oggi frazioni, appartenevano invece al Contado di Lodi.

Nel 1786, anche Pandino fu aggregata alla provincia di Lodi, tornando però dopo soli cinque anni a quella di Milano.

In età napoleonica (1809-16) al comune di Pandino furono aggregate Gradella e Nosadello, ridivenute autonome con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto. Entrambe furono aggregate definitivamente nel 1869. La prima notizia documentata su Pandino risale al 1144, quando la chiesa parrocchiale risultava dipendere da quella di S. Sigismondo di Rivolta d'Adda, dato che indica che il nostro paese all’epoca era probabilmente formato da pochissime case. Il piccolo villaggio sorge in un territorio caratterizzato dalla  preminenza di boschi, inframmezzati da pascoli e qualche vigna.

La storia dell'Italia cambia radicalmente quando il signore di Milano, Bernabò Visconti, vi fa costruire uno dei suoi castelli di caccia, intorno alla metà del ‘300. Da quel momento in poi possiamo immaginare che la presenza dei signori milanesi abbia fatto da attrattiva per molte persone che cercavano un luogo sicuro dove stabilirsi, sperando magari di trovare un lavoro presso il castello : la conseguenza fu che Pandino comincia pian piano ad ingrandirsi.

I vari feudatari con il passare del tempo aggiungono altre costruzioni: nel corso del XV secolo gli Sforza ordinano ai pandinesi di costruire la cerchia muraria per proteggere il villaggio dai Veneziani, che ormai erano a pochi chilometri da Pandino. Nel medesimo secolo di fronte al castello viene innalzata la chiesa di S. Marta, la cui funzione iniziale è quella di chiesa collegata al castello, in quanto Bernabò Visconti non aveva voluto una cappella nel suo maniero di caccia. Ai primi decenni del XV secolo risale anche l’apparizione della Madonna del riposo che porta alla realizzazione del santuario a lei dedicato.

I pandinesi non portano a conclusione la costruzione delle mura, che in alcuni punti vengono chiuse con dei terrapieni; i Veneziani ne approfittano , conquistano il borgo per due volte ( anche perché era protetto da pochi soldati ) , perdendolo però dopo la battaglia di Agnadello del 1509; questo fatto non impedisce qualche anno dopo ai Veneziani , uscendo da Crema che era in mano loro, di saccheggiare Pandino.

I francesi non sono stati gli unici stranieri a passare da qui: dopo la fine degli Sforza ( 1535 ) il ducato di Milano passa agli spagnoli e agli inizi del ‘700 agli austriaci, e truppe di tali nazioni sono transitate anche in questo territorio; non abbiamo notizie di danni causati alla fine del XVIII secolo dalle truppe napoleoniche.

Agli ultimi anni del ‘700 risale la ricostruzione della nostra parrocchiale in forme neoclassiche, in sostituzione della chiesa medievale ormai rovinata dal tempo.

Nel 1868 Pandino diviene comune unitamente alle frazioni di Nosadello e Gradella, originariamente nella provincia di Lodi- Crema, poi soppressa, quindi in quella di Cremona.

Nel 1928 , dopo un pubblico concorso, viene inaugurato il monumento ai caduti davanti al castello, in occasione del decennale della vittoria italiana nella prima guerra mondiale; ancora oggi avvicinandosi al monumento è possibile leggere sulle lapidi i nomi dei caduti pandinesi di tutte le guerre del XX secolo.

Nel corso della II guerra mondiale, su una delle torri del castello, vengono portati i fili del telegrafo per segnalare al comando germanico il passaggio degli aerei alleati; a quel tempo il castello era abitato da famiglie in affitto, cui si erano aggiunti gli sfollati da Milano.

A partire dagli anni ’50 il castello diventa sede del comune di Pandino.

Il Castello Visconteo

Attorno al 1379 venne edificato il Castello Visconteo di Pandino, per  volontà di Regina della Scala, nobile veronese e moglie di Bernabò Visconti duca di Milano, ella mori alcuni anni dopo, nel 1384, probabilmente senza vedere compiuta la costruzione.Inizialmente il castello non ebbe scopi difensivi ma fu concepito come luogo di svaghi: caccia, banchetti, ricevimenti, danze. Del resto a quei tempi attorno all'abitato di Pandino si estendevano rigogliosissimi boschi ricchi di selvaggina e di limpide acque. Lo schema architettonico del castello è molto semplice si tratta di un quadrato regolare di circa 66 metri per lato, delimitato da 4 torri angolari anch'esse a base quadrata. Due sono gli ingressi: uno principale al centro della facciata sud, l'altro sulla facciata opposta asimmetrico rispetto al primo.  Il cortile interno ha forma quadrata ed è racchiuso in un elegante porticato scandito da archi ad ogiva, mentre il loggiato sovrastante presenta una successione di slanciati pilastri con tracce di affreschi. Questo castello visconteo rappresenta un unicum nel circuito europeo, grazie anche alla bellezza degli affreschi ancora presenti sulle pareti interne, rappresentanti motivi geometrici alternati alle insegne nobiliari degli Scaligeri e dei Visconti. 
Gli affreschi che appaiono sotto il porticato dell'ala sud sono probabilmente votivi e attribuita a Stefano da Pandino.  In epoca successiva questa dimora campestre venne fortificata con l'aggiunta dei tivellini e la creazione di un fossato perimetrale esterno, data la necessità della Signoria degli Sforza, prima, e di Ludovico il Moro, poi, di contenere le mire espansionistiche della Repubblica Veneta. In seguito divenne possedimento di diversi feudatari, tra i quali i Benzoni di Crema, Sforza, S.Severino, Lanriani e per ultimi i d'Adda che divennero marchesi di Pandino e tennero il feudo per quasi quattro secoli, utilizzando il castello come azienda agricola.   Questo Castello, costruito relativamente in fretta e con materiali facilmente reperibili, nonostante soventi opere di manutenzione, giunse nel secolo scorso ad un grave stato di degrado con l'abbattimento parziale di due delle quattro torri angolari, dovuto ai guasti causati da un incendio.  Successivamente appropriati interventi ne hanno fatto uno dei castelli meglio conservati della Lombardia. 
Acquistato dall'Amministrazione Comunale nel 1947 dai discendenti dei marchesi d'Adda, oggi è sede del Municipio, della Biblioteca Comunale e del Convitto della Scuola Casearia.  Con i restauri effettuati nei primi anni '70 sono tornati a noi bellissimi affreschi del tardo Rinascimento: decorazioni con fiori e frutta, raffigurazioni della realtà circostante e una apprezzabilissima iconografia religiosa. 

La chiesa di Santa Margherita

La Chiesa parrocchiale dedicata a S. Margherita VM., viene iniziata nel 1 783 e conclusa nel 1792, su progetto dell'architetto luganese Felice Soave, formatosi presso l'Accademia di Parma, alla scuola del francese Pctitot che qui gettava i primi fondamenti del neoclassico lombardo. La parrocchiale risulta significativa, in quanto assume un ruolo esemplare per gli sviluppi successivi dell'edilizia sacra in Lombardia. Essa realizza in modo evidente gli ideali neoclassici che, prendendo spunto dalla romanità, guardavano ai modelli dei cinquecentisti italiani, in particolare al Palladio ed al Vignola. L'architetto Soave si distingue per la maestria nell'unire l'imponenza della struttura con la cura degli ornamenti. La facciata, d’impianto solenne a otto semicolonne di ordine gigante con capitelli corinzi e frontone dilatato s'ispira chiaramente al Pantheon. L’interno, caratterizzato dall'ampio respiro della volta, della cupola e dell'emiciclo absidale, attrae l'attenzione per l'eleganza e l'armonia delle forme e degli spazi. Le decorazioni della volta sono dei primi '900 e raffigurano, il Cammino di Cristo sulle acque, l'Esaltazione dell'Eucarestia e la Glorificazione di S.Margherita; nei pennacchi delle volte figure di Evangelisti e Profeti. 

Nella seconda cappella laterale destra, la tela eseguita nel 1856 da Marcantonio Mainardi detto il Chiaveghino, raffigurante la S.S.Trinità con la patrona S. Margherita ed i Confratelli della Congregazione. Nella terza cappella di destra, un altare marmoreo della fine del '700, alla parete dopo la cappella una tela di Andrea Mainardi (1599), raffigurante l'Assunzione della Madonna al cielo. Nel presbiterio si erge l'altare marmoreo, che già risente delle influenze neoclassiche della tradizione lombarda dell'ultimo '700.  Sulla parete absidale il coro ligneo di linea semplice ma elegante (1 700-1800) ed una grande pala raffigurante la Vergine Maria in trono con il Bambin Gesù e le sante Marta e Margherita, sempre dipinta da Mainardi. Di grande pregio la sacrestia: apparato ligneo del '600. Alle pareti le quattordici tele della Via Crucis, databile fine '700 ed attribuite al pittore Federico Ferrario. Nei locali della casa parrocchiale è visibile una tela di pregevole fattura che raffigura "La Deposizione' e firmata da Callisto Piazza.

La Chiesa di Santa Marta

Secondo la tradizione è stato costruito per volontà di un castellano ed adibito a Cappella di corte. L’edificio, che esternamente ha subito diverse trasformazioni, è difficilmente databile, ma esso può essere situato attorno agli ultimi anni del '400.  Nella parte anteriore della chiesetta, un tempo esisteva un portichetto (nartece); aveva tre arcate in facciata e due sui fianchi, rette da pilastrini poggianti su un muretto che fungeva da recinzione e da sedile. Nel '700 quando la Parrocchiale venne costruita, questo portichetto veniva chiuso in modo da aumentare la capienza della chiesetta, l'interno ha invece mantenuto le sue forme originali: è un vano unico, coperto con travature a vista sostenute da archi in muratura, di grande apertura che immette nel presbiterio, concluso a sua volta da un'abside a planimetria poligonale con tazza a spicchi rilevati secondo l'abituale schema del tardo quattrocento. Notevoli gli affreschi che Scoprono le parti murarie, ci sono gruppi di angioletti che reggono i simboli della Passione, mentre sul vasto arco trionfale un Padre Eterno benedicente in gloria d'angeli tra le nubi.  Sul lato sinistro si apre una cappella dedicata alla Madonna nelle cui volte sono situati tre affreschi di pregevole fattura raffiguranti scene della vita della Vergine.  Le figure che hanno più evidenza sono le due Sante affrescate, come in finte nicchie; una di esse è S. Margherita patrona di Pandino, e l'altra è la titolare dell'Oratorio.

Il Santuario della Beata Vergine Maria del Riposo o del Tommasone

La parrocchia di Pandino conserva una antica immagine della Madonna, denominata Beata Vergine Maria del Riposo o del Tommasone, immagine tanto cara alla memoria storica dei Pandinesi e alla loro devozione mariana perché preziosa testimonianza di una apparizione della Madonna nel secolo 

Cenni storici

Antiche cronache parrocchiali testimoniano che nell'anno 1432 un giovane pandinese, di nome Tommaso, era entrato in discordia con il fittabile della vicina cascina Falconera, un certo Gaspare, a motivo di torti ed offese ingiustamente subite.  Tra le ragioni del contendere vi era un ceppo di noce che, falsamente, il fittabile della Falconera rivendicava come suo.  Nella notte tra il sabato e la Domenica in Albis, Tommaso usci verso le ore 22.00 recando con sè alcune braci riposte in una tegola di coccio, con l'intento di dar fuoco alla cascina del rivale. 
Il suo proposito fu però ostacolato da un incontro del tutto inatteso. Poco oltre la soglia di casa, vide una Donna seduta sul suo piedistallo di noce, con in grembo un bellissimo Bambino e dall'altra parte dalla mano sinistra, teneva in mano un libro che, al chiaror della luna, pareva che leggessero". 
Infastidito da quella presenza, rientrò in casa per ritentare l'impresa un po' più tardi. 
Poco dopo uscì di nuovo e, poiché quella "nobile Signora" stava ancora al suo posto, cercò di passare oltre inosservato. 
Ma la donna lo chiamò :"Tommaso dove vai con quella tegola piena di fuoco?" Sentendosi chiamare per nome non poté esimersi dallo spiegare alla donna le sue intenzioni di vendetta. 
Questa, facendo appello alla sua coscienza di cristiano, lo richiamò al perdono evangelico e lo invitò ad andare a letto in pace. 
Tommaso sul momento acconsentì ma, giunto in casa, non riuscendo a sedare il suo animo tormentato dall'odio, tornò sui suoi passi. Incontrando nuovamente quella nobile Signora, il giovane osò domandarle che gli rivelasse la sua identità. Ne ebbe una risposta del tutto inattesa e sorprendente "Sono la Vergine Maria... domani farai la pace col Gaspare della Falconera... voglio che tu vada dal prete e dai capi di Pandino e dirai che questa sia festa di perdono e di pace.  E dirai loro che qui, su questa terra, voglio un tempio dedicato a mio nome...". 
Si era fatta l'alba e Tommaso obbedì in tutto alle richieste della Madre Celeste. 

L'antico Santuario 

Ben presto i Pandinesi vollero dar corso alle richieste della Vergine Maria : nel 1432, dopo l'approvazione ecclesiastica, decretarono la costruzione di un Santuario; nel 1433 posero la prima pietra della chiesa che fu terminata il 9 febbraio dell'anno successivo. 
Nelle relazioni delle Visite pastorali dei Vescovi Cremonesi si parla ripetutamente di questo antico luogo di culto mariano, posto fuori dall'abitato, sulla destra della strada che porta a Rivolta d'Adda. A seguito di alterne vicende storiche e, soprattutto delle cosiddette "leggi eversive" dei secoli scorsi, l'antico Santuario fu espropriato da parte dell'autorità civile, venduto e trasformato in cascinale. 
In quegli anni i Pandinesi, presagendo il peggio, portarono l'immagine della Madonna del Riposo nella chiesa sussidiaria di S.Marta, facendo voto di riportarla appena possibile nella "sua casa". 
Dei vecchio edificio di culto rimangono alcune tracce in un antico casolare agricolo, oggi fatiscente e ridotto in stato di rudere. 
Si tratta di affreschi molto malorati ma di discreta fattura che raffigurano S.Pietro e le Sante patrone di Pandino, Marta e Margherita. 

Documenti storici 

Gli atti che testimoniano l'esistenza dell'antico Santuario chiamato "Oratorio della Beata Vergine Maria del Riposo, del Tommasone o anche dell'Apparizione" sono veramente innumerevoli. 
Il più importante ed antico di tutti risale al 1578.  E' costituito dagli atti di un interessante processo ecclesiastico circa i numerosi miracoli attribuiti alla intercessione della Vergine Maria qui invocata. 

Il nuovo Santuario 

A seguito dello sviluppo urbanistico del quartiere periferico ancora oggi denominato "Tommasone" e, nell'intento di recuperare le radici storiche della devozione alla Madonna del Riposo, la parrocchia si è impegnata a costruire, proprio accanto ai ruderi dell'antico edificio sacro, un nuovo Santuario, circondato da un'ampia area verde e arricchito da una struttura finalizzata alla carità e all'assistenza. Tutto ciò a testimoniare la fiducia dell'intera comunità nell'amore premuroso e materno della Vergine Maria